PROIEZIONI NOTTURNE - Coraline





E' una storia che parla in modo inconscio del rapporto conflittuale tra madre e figlia e lo fa connettendo tra di loro una serie di parole e concetti che rendono il film un meta-testo. Il gioco di parole è questo: ragnatela, trama, tessuto, testo. C'è una parola, in latino, che accomuna questi concetti, ed è textus: tessuto, intreccio, trama, narrazione.
Coraline è una ragazzina molto sveglia; si è trasferita da poco in una strana casa per via del lavoro dei genitori che sembrano non avere tempo per la figlia; la scansano e non le prestano attenzione. Coraline, invece, desidera amore, che per lei significa semplicemente mangiare per cena pollo anziché uno scialbo panino.
Nella sua nuova casa Coraline trova una porticina, che di notte la conduce alla sua "altra" casa: e qui c'è un' "altra" madre, un "altro" padre, un' "altra" vita. Dove per "altra" si intende "migliore". Ma è un mondo più bello in cui tutto luccica troppo, è troppo stucchevole, è troppo perfetto. Infatti le persone che popolano l' "altro" mondo sono bambole di pezza che hanno dei bottoni al posto degli occhi. Se Coraline vuole rimanere in questo posto magico, deve farseli cucire. Ma lei non vuole.
E' a questo punto che si scoprono le carte: tutto ruota attorno all'"altra madre" che diviene Megera e quindi La Madre. E' malata d'amore, ha bisogno di un figlio giocattolo su cui riversare tutta la sua morbosa smania di possesso. La Madre presto mostra le sue vere sembianze: è una specie di ragno, con il volto di donna, per mani e gambe ha una serie di aghi appuntiti.
Ed ora possiamo enucleare alcuni temi:
1)I due mondi sono speculari: quando ci si specchia non si vede il Sè, ma sempre un Altro (Narciso insegna). Per cui il mondo "bello" è speculare e contrario al mondo "brutto" (quale sia il bello e quale il brutto, è molto soggettivo). Tutto ha un suo contrario: la madre è sia buona che cattiva, ad esempio; il tema dello speculare e contrario è enucleato dal nome della protagonista: si chiama Coraline, ma tutti sbagliano e la chiamano Caroline. Invertono due lettere e in quell'inversione sta l'inversione di un mondo: Caroline è un nome comune, Coraline è un nome speciale per persone speciali. L'idea di specularità fa sì che di ogni personaggio si creino dei doppi, simili ma non identici fra di loro, che sono perciò dei doppi inquietanti. Aybourne nel mondo "reale" è strano e chiacchierone, nel mondo "magico", invece, è muto e remissivo. Inoltre è speculare il desiderio: Coraline desidera un mondo migliore ed ecco che esso appare come vuole lei. Ma il desiderio di Coraline diventa il desiderio della Madre e viceversa.
2) L'"Altra Madre" cuce delle bambole e vuole che quelle bambole siano sue figlie. Quando le bambine in carne ed ossa diventano sue, vuole che esse siano come bambole. La Madre cuce e tesse una tela: crea cioè una figlia in base ai suoi desideri; tuttavia non basta cucirle un volto o un carattere, bisogna che anche il mondo attorno a lei sia costruito a immagine del desiderio della Madre. Ed ecco che oltre ad essere cucitrice, la madre è anche ragno che tesse una tela, cioè che crea un tessuto e quindi un testo che è l'unico mondo in cui Coraline può vivere. Infatti non appena nel mondo magico Coraline si allontana da casa, svanisce il tessuto di cui è fatto il paesaggio, cioè svanisce il testo: il mondo inizia a perdere i disegni fino a diventare un foglio bianco. Lì la madre non ha ancora disegnato (progettato) nulla per sua figlia. L'ha posta sotto una campana di vetro perfettamente architettata. Particolarmente indicativa è la sequenza in cui la Madre si muove su una ragnatela nera, sullo sfondo di un foglio bianco, creando un mondo e intrappolando Coraline.
3) Evidente a questo punto è la manifestazione del rapporto tra madre e figlia, che si traduce nell'apparente enigma del bottone sugli occhi. "Ma di solito le madri non mangiano le figlie!" dice Coraline al gatto. Ma non è convincente. Le madri, infatti, più o meno consapevolemente, tendono a mangiare la propria prole. O a mettere loro dei bottoni al posto degli occhi. Il bottone sull'occhio (che nel film ruba le anime ai bambini e li uccide), è sintomo di uno sguardo chiuso, è vedere come vede la madre e quindi non vedere affatto: è la perdita d'autonomia della figlia, che può solo avvalersi della limitata porzione di mondo materna.

In fin dei conti, se una madre ama troppo o ama troppo poco, produce sempre una conseguenza devastante sulla propria figlia. Il film narra in modo metatestuale questo legame misteriosamente viscerale che si potrà cercare di combattere o di alterare, ma mai lo si potrà spezzare.

Commenti

Veronica ha detto…
Questa mia analisi è molto limitata: avrei voluto scrivere di più e spiegare meglio, ma è all'interno di un blog e quindi ho preferito, con l'elenco puntato, lasciarvi delle impressioni. Spero che vengano accolte e che postiate commenti che possano essere un modo per aprire gli orizzonti di questa piccola analisi.